Come allenare la forza mentale
Un fenomeno che frequentemente si associa a malesseri psicologici anche molto diversi fra di loro è l’infiacchimento della “forza mentale”.
Cosa si intende per forza mentale?
Per forza mentale non si intende la forza di volontà in senso stretto, ovvero la capacità di mantenere il focus su un lavoro, un progetto o un’attività.
Questo tipo di resistenza sicuramente produce risultati ma può accompagnarsi a una presenza mentale debole.
La pura forza di volontà infatti può dare luogo a prestazioni anche notevoli, che tuttavia non arrecano alcun vero appagamento. Inoltre può associarsi a uno stile di vita caotico, troppo rigido o autodistruttivo, alimentando la sofferenza psicologica.
La forza mentale è quindi altro rispetto alla concentrazione, all’impegno e alla caparbietà (che sono più che altro attributi dell’Io e della sua attitudine prestazionale).
Ciò che conta a questo livello è la “centratura” rispetto a se stessi, ovvero la “consapevolezza” delle proprie caratteristiche, dei propri desideri e anche dei propri limiti.
La coscienza ampia di sé, che non giudica ma accoglie ciò che è, si associa alla capacità di guardare a se stessi e agli accadimenti della propria vita senza abbellimenti, orpelli, mistificazioni e autoinganni.
L’osservazione penetrante non si limita però alla presa d’atto lucida rispetto alle caratteristiche meno ideali della propria vita.
La presa d’atto infatti può comportare sentimenti dolorosi e da sola, se non sostenuta da altro, può spingere verso lo sviluppo di sentimenti depressivi.
Capire lucidamente di aver fatto degli sbagli o di aver subito dei “danni” irreparabili (a causa di una malattia, di un incidente, di una condizione acuta o perpetrata di violenza fisica o psicologica) può sopraffare con sensazioni e pensieri di disperazione e impotenza.
I grandi dolori, anche quando non vengono negati e guardati in faccia, conservano comunque un notevole potenziale patogeno, perché hanno la caratteristica di paralizzare la mente, inondandola di insensatezza.
Si cerca un perché che non si trova, ed è facile lasciarsi andare all’oblio e all’inerzia, al rimpianto di ciò che sarebbe potuto essere “se” non fosse accaduta la tal cosa.
Questa dinamica dei “se”, del tutto tipica delle nostre menti pensanti, può subdolamente ingenerare depressione o abulia.
La forza mentale per l’appunto interviene al livello dei “se”. Si tratta della possibilità di guardare il proprio funzionamento mentale da fuori, cogliendo lo stallo a cui conduce l’ostinazione del pensiero nel rifiutare le leggi del tempo e del divenire.
Questo tipo di forza non si esercita “contro” corrente, ma si estrinseca in un “assecondare” il flusso degli eventi.
Ciò che è stato è stato e non può essere cancellato dai nostri sforzi o dai nostri desideri.
Così la forza si lega all’umiltà, al riconoscimento della superiorità e inconoscibilità del destino e allo stesso tempo pone in un atteggiamento ricettivo rispetto a ciò che ancora c’è.
Ogni situazione, anche la più paradossale e drammatica, contiene in sè ampi margini di vitalità residua. Il focus si sposta da ciò che più non è a ciò che c’è in questo momento, ora, adesso.
La forza mentale allora si può tradurre in ancoraggio al presente, in rinuncia ad una visione “controllante” a trecentosessanta gradi.
Un deporre le armi che però ci rende indistruttibili, perché immuni all’auto flagello, vero surplus mortifero che grava sugli inevitabili rovesci della fortuna.
Come la psicoterapia aiuta a rafforzare la mente
La psicoterapia in quest’ottica può essere vista come una sorta di palestra della forza mentale.
Gli effetti di medio termine di un lavoro psicoterapeutico consistono in un ridimensionamento consistente della rimuginazione e del senso di impotente disperazione.
Si riprendono slancio e smalto, non per via di una cancellazione delle sofferenze ma come esito di un percorso di ricollocazione del “negativo” in luoghi psichici appropriati (la negatività così cessa di ingombrare tutto lo spazio mentale presente).
La forza mentale sembra quindi coincidere con la possibilità di portare a termine l’elaborazione di un lutto.
Il risultato non è una leggerezza ottusa o spensierata, più vicina a operazioni maniacali di “reset”mentale.
È un portare il proprio “inevitabile peso“ senza rimpianti o rancori, onorando il buono che la vita può ancora offrire nonostante tutto.
A questo punto, forse, diventa possibile accogliere gli incontri e gli stimoli positivi che si presentano, grazie a uno sguardo finalmente libero dalle bende offuscanti.
L’occhio della mente si apre alla luce e le dà la possibilità di illuminare la bellezza.