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Le emozioni del Natale

Il Natale anche quest’anno si presenta puntuale, un appuntamento fisso non solo con parenti e amici ma anche con una parte profonda della nostra emotività.

Il Natale nell’inconscio personale

Il Natale, al di là del suo valore come festa cristiana o come celebrazione consumistica, è saldamente ancorato all’inconscio di ognuno di noi, ai vissuti infantili che lo hanno caratterizzato e animato nei primi anni della nostra vita.

Tali vissuti da un lato sono legati alla famiglia d’origine e al clima che vi si respirava ai tempi (sereno, conflittuale, disperato ecc…) dall’altro rivelano qualcosa della sensibilità originale del bambino che si è stati (che guarda alla festa collettiva e alla storia di Babbo Natale con i propri occhi, indipendentemente da quello che accade a casa).

Il Natale dunque nella nostra psiche profonda condensa sia la qualità del legame d’attaccamento reale alla famiglia (corredata di ricordi e sensazioni piacevoli, calorosi oppure freddi e angoscianti), sia il mondo interno di fantasie e proiezioni idealizzanti tipiche dell’infanzia (la magia dell’attesa, il sentimento di bontà universale, l’ingenua credulità piuttosto che il desiderio di smascherare il trucco di Babbo Natale, di conoscere la verità, di venire a capo dell’enigma).

Non solo, la festa del Natale può non mostrare una tinta unica, ma indicare svolte significative del nostro passato, segnando nelle sue diverse modalità di festeggiamento il “prima” e il “dopo” di eventi impattanti come nascite, malattie, separazioni, lutti ecc…

Il Natale non può quindi lasciare indifferenti, perché è parte integrante della nostra storia personale e del nostro inconscio. Inglobato dalla psiche, esso è rivelatore delle caratteristiche dei nostri legami familiari e della nostra attività fantastica ed epistemica di matrice infantile.

Quando la festa natalizia non ci dice nulla e ci lascia indifferenti se non addirittura stizziti, non vuol dire che non abbiamo ricordi o sentimenti a riguardo, ma che abbiamo interposto una difesa tra noi e ricordi troppo sgradevoli o penosi. Non ci vogliamo pensare, e i lustrini e le lucine ci danno persino noia.

Natale e ambivalenza emozionale

Il cadere della festività natalizia proprio alla fine dell’anno ne accentua le risonanze emotive, perché inconsciamente spinge la mente a viaggiare nel tempo, a guardare alla massa degli anni addietro e a porsi delle domande esistenziali.

Sono felice oggi se ripenso ai Natali passati?

Così sotto le feste si possono “inspiegabilmente” presentare dei malesseri e dei cattivi umori (a volte veri e propri affetti depressivi) non congrui con l’aspettativa della festa e la prospettiva di un po’ di vacanza.

Se poi nell’oggi si stanno affrontando problematiche serie (di lavoro, sentimentali o di salute) il Natale assume ancora di più una venatura d’amarezza.

I sentimenti verso il Natale non sono comunque quasi mai solo e soltanto integralmente positivi o negativi.

A ben pensarci la tentazione della gioia fa capolino anche negli stati di avversione più pertinace.

Questo perché, come si diceva, oltre al bagaglio personale di ricordi più o meno pesanti nel Natale c’è dentro tutto un mondo a se stante e indipendente dalla biografia e dalla storia, fatto di immaginario fantastico, di speranza, di bene universale.

Gli addobbi che brillano nel buio possono infastidire perché costituiscono uno spreco energetico, un insulto alla povertà, un paradosso rispetto al nostro mondo e al nostro stato emotivo presente e/passato eppure nello stesso tempo possono suscitare emozioni di lietezza razionalmente non volute.

Questo moto di giubilio suscitato dalle lucine del Natale non è da vedersi negativamente, anzi, perché è l’indice di una componente fantasiosa impermeabile e indistruttibile dalle malinconie della vita.

Una piccola gioia immotivata, pur nel grigiore, va vista positivamente, come una risorsa psicologica sviluppata nell’infanzia in grado di opporsi al potere patogeno delle brutture.

Essa non va confusa con l’ottusità acritica dell’amore per il Natale opulento dei consumi, da cui si differenzia per l’assenza di voracità.

Il lampo di leggerezza natalizia svela l’importanza del poter lasciare andare per un attimo le emozioni negative e i pensieri razionali.

Al netto dunque delle esperienze luttuose e complesse che abbiamo vissuto o stiamo vivendo,  il Natale può comunque essere “salvato”, evitando accanimenti nichilistici.

La festa natalizia (prescindendo dal suo valore come festa cristiana) può allora essere vista nel suo complesso come una metafora della nostra esistenza, costitutivamente imperfetta, spesso dolente e difficile eppure anche immotivatamente bella e luminosa.

Disagio contemporaneo

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