Depressione bipolare e genio creativo

Immaginario collettivo e ricerche psicologiche: la malattia maniaco depressiva
Nell’immaginario collettivo, come è noto, è molto diffusa l’associazione fra depressione e genio creativo: la concezione dell’artista dal carattere irascibile e tempestoso, perennemente soggetto a sbalzi di umore, identifica l'uomo dedito alle arti con un personaggio cupo e problematico, benchè originale e capace di entusiasmi travolgenti (che rendono la sua natura complessa e contraddittoria).
Il legame fra depressione e personalità artistica è in effetti confermato da numerosi studi svolti da psicologi e studiosi di arte e di letteratura durante un po’ tutto il corso del '900, studi che hanno preso in considerazione le biografie di moltissimi artisti noti (come Lord Byron, Edgar Alan Poe, T.s. Eliot, ma anche Van Gogh, Virginia Woolf, Schumann, solo per citarne alcuni) e gli alberi genealogici delle loro famiglie.
Da questi studi è emersa una correlazione molto stretta fra la malattia maniaco depressiva e il talento artistico. Come si interpreta dunque questo legame?
Talento artistico e temperamento artistico: l’artista vero
Innanzitutto bisogna specificare che correlazione non significa nesso causale. La problematica di natura depressiva in sè non causa e non genera il talento artistico. Anzi, quando essa è troppo marcata blocca sempre il processo creativo.
Per avere un artista vero e proprio abbiamo bisogno come condizione necessaria di un soggetto dotato “per natura” di un talento, che si concretizza in un’assoluta padronanza di un linguaggio (che sia letterario, visivo, musicale ecc..), in una fervida immaginazione e in una capacità di osservazione fuori dal comune.
Il vero artista inoltre "domina" il proprio talento, si sa esprimere in maniera eccellente e sa dare corpo attraverso la disciplina, la razionalità e lo sforzo prolungato ad un’opera che conserva un valore estetico autonomo dalla sua persona e dai suoi problemi personali.
Detto questo però l’artista non si limita ad avere delle abilità tecniche ma possiede anche delle caratteristiche particolari nel modo di sentire e di pensare.
L’artista è un soggetto tendenzialmente introspettivo e riflessivo. Egli è anche ipersensibile (ipersensibilità artistica e depressione) e questa sua sensibilità estrema, questa sua capacità di sentire tutte le emozioni in maniera amplificata, siano esse di gioia o di dolore, può essere definita come un tratto temperamentale tipico.
Si può parlare quindi non a sproposito di temperamento artistico, ed è a questo livello che si rintraccia una sovrapposizione nella fattispecie con il disturbo dell'umore bipolare.
L’artista è più incline rispetto all’uomo medio nel sentire il dolore emotivo in maniera forte, e ciò gli fa sperimentare affetti depressivi. Stesso discorso per le emozioni di euforia e di felicità, che possono portarlo a sviluppare un atteggiamento maniacale.
La tendenza al bipolarismo e alla malattia maniaco depressiva si può esprimere in maniera blanda, e allora abbiamo degli stati depressivi sfumati, quasi dolci, come la malinconia oppure l’ipomania, che consiste in un atteggiamento vitale prorompente che non porta ad eccessi distruttivi.
Oppure possiamo avere degli stati mentali francamente patologici, che incontrano gli estremi del continuum che va dalla depressione alla mania, come si ritrova in molte vite di artisti famosissimi come Virginia Woolf e Van Gogh, morti entrambi suicidi.
In questi casi, la patologia mentale scoppia secondo un andamento ciclico, intervallato da remissioni anche totali che non turbano la lucidità mentale. Ma durante le crisi depressive o maniacali il dolore emotivo è lancinante, lavorare a un certo punto diventa impossibile e possono comparire deliri e allucinazioni, ovvero fenomeni psicotici, abuso di alcol e condotte autolesive, fino al suicidio.
L’arte come auto cura e cura dell’umanità
L’artista non troppo disturbato al punto tale da non poter lavorare, inserisce nelle sue opere d’arte le sue esperienze dolorose ma anche quelle visionarie ed estatiche tipiche della mania: grazie al suo talento dà alla luce un’opera da cui possono attingere tutti gli esseri umani, in cui tutti noi possiamo trovare illuminazioni circa il nostro modo di essere nel mondo, spunti di riflessioni e stimoli che ci arricchiscono.
Gli artisti grazie alla loro capacità di osservazione e di penetrazione nelle zone oscure della mente e del reale ci offrono una visione disincantata della vita, ci fanno vedere la sua transitorietà, la decadenza insita in essa, l’ineluttabilità della malattia e della morte. Essi afferrano il senso del tragico della vita e ce lo restituiscono (motivo per cui l’arte vera non è mai consolante).
L’opera d’arte in questo senso assume per l’artista anche la funzione di auto cura e di cura per gli altri: attraverso la messa in parola del malessere egli e il suo fruitore traggono un sollievo transitorio dal male di vivere.
Lord Byron parlava dell’azione salvifica sulla mente svolta dalla poesia: “la lava dell’immaginazione che con la sua eruzione previene il terremoto”.
Anche T.s. Eliot, dopo un periodo di esaurimento nervoso, parlava di come l’arte fosse una via di fuga dall’emozione più che uno sfogo dell’emozione stessa.
Quindi il lavoro creativo può essere visto come un modo per sottrarsi alla sofferenza attraverso l’astrazione e il rigore di un pensiero disciplinato in cui il dolore emotivo della depressione e la pulsionalità della mania subiscono una trasformazione e una sublimazione.
Il ruolo della psicoterapia nella cura della depressione bipolare
La psicoterapia viene richiesta spesso dagli artisti quando stanno cosi male da non potersi più curare da soli tramite l’arte.
In psicoterapia aiutiamo gli artisti a venire a patti con la loro natura complessa e contraddittoria, a tratti camaleontica (Virginia Woolf diceva: "sai quanto camaleontica io sia nelle mie trasformazioni: leopardo un giorno, macchiettata di viola, topo oggi").
Ciò si traduce in un’accettazione più serena delle ambiguità della loro psiche, che infondo riflette la contraddittorietà stessa delle forze che coesistono nel mondo.
Gli artisti vanno aiutati a conoscere e ad accogliere la loro malattia, a riconoscere senza volerli sopprimere i vari Sè contrapposti e in conflitto fra di loro. Ma soprattutto vanno aiutati a convivere con il costante mutamento: si tratta di imparare a conciliare gli opposti, di fare in terapia ciò che l’artista faceva inconsapevolmente con la sua arte prima di andare incontro alla battuta d’arresto.
Il luogo della terapia diventa la tela immacolata del pittore o la pagina bianca dello scrittore, in cui l'artista, parlando, riversa se stesso mentre il terapeuta lo ascolta (restiuendogli in una forma nuova l'originalità unica del suo discorso).
Infondo lo stesso Bion, uno psicoanalista molto noto, parlava di “capacità negativa”, mutuando il concetto dal poeta Keats.
La “capacità negativa” è quella che il terapeuta ha in seduta a contatto con i pazienti che stanno male: essa si manifesta quando un uomo è capace di vivere tra incertezze, misteri e dubbi senza correre freneticamente dietro ai fatti o alla ragione.
E’ una modalità deangosciante che i pazienti imparano dal loro analista, sempre che egli ne sia capace.
Nei casi più gravi, quelli che mettono a rischio la vita, si può promuovere l’uso del litio e degli stabilizzatori dell’umore, che salvano la vita ma hanno il contro di infiacchire l’intensità della percezione dell’artista.
Male oscuro, Aiuto psicoterapeutico , Disturbo bipolare, Sindrome maniaco depressiva