Depressione e tristezza: come distinguerle e quando chiedere aiuto
Chiarire la confusione fra tristezza e depressione
Il termine depressione spesso viene evocato in maniera impropria, per riferirsi o a banali cadute di tono dell’umore o a stati dell’animo più complessi, che comunque restano ancora sotto l’ombrello della tristezza, di sentimenti sfumatamente luttuosi, all’insegna del tedio o dell'insoddisfazione cronica.
Come riconoscere allora la differenza fra un periodo critico, in cui ci si trova ad affrontare una delusione o una perdita, e l'instaurarsi di un vero e proprio affetto depressivo? Cosa distingue la sofferenza, il patire un dolore, lo stare male da una condizione clinica?
La tristezza: un'emozione normale che fa parte della vita
La tristezza rappresenta una condizione emotiva di flessione del tono dell’umore non patologica. Essa fa parte della vita e quindi risulta inaggirabile per l'essere umano, strutturalmente fragile e indifeso sin dalla nascita, bisognoso di cure e dell'amore dell'altro per vivere, esposto ad eventi imprevedibili e destinato a subire nel corso della sua esistenza molteplici perdite e separazioni.
Sperimentare uno stato di tristezza e una diminuzione della propria vitalità non costituisce allora di per sè un indice di malattia. Purtroppo il tempo in cui viviamo ci propone a ciclo continuo immagini di soggetti belli e “patinati”, che non sembrano mai venir toccati davvero da pene o dolori. Noi psicoanalisti sappiamo bene però quanto si tratti di modelli falsi, non aderenti alla realtà.
Se tutti quanti entriamo in contatto con affetti e sentimenti luttuosi, ciò non equivale automaticamente ad un aumento del rischio di sprofondare negli abissi della melanconia.
Anche stati misti in cui la tristezza si mischia alla noia e all’insoddisfazione non implicano livelli ingestibili di sofferenza psicologica. Essi possono rappresentare delle manifestazioni di scarsa energia vitale e spingere verso atteggiamenti vittimistici e passivi, in ogni caso di nessun valore predittivo rispetto all’instaurarsi di una vera e propria depressione clinica.
Definire la depressione: cos'è la malattia e quali sono i sintomi
Essere depressi non significa venir attraversati da un dolore psichico insopportabile ma passeggero, che dura cioè per un periodo determinato di tempo. Né tantomeno coincide con un “vivacchiare” annoiato e lamentoso. Soffrire di depressione vuol dire piuttosto vivere perennemente in uno stato d'animo luttuoso, sempre, senza tregua, nei mesi e poi negli anni, senza poter avvertire via via una sua diminuzione e una ripresa della voglia di vivere.
Tutto ciò sfibra a tal punto da condurre verso una disperazione totale in cui dominano incontrastate mancanza di prospettiva ed immobilismo pietrificante. Non vi sono appigli per reagire, nulla ha senso.
Lo stesso sentimento della vita svanisce, si congela. L'impotenza appare il tratto qualificante del vissuto depressivo. Ciò rende molto difficile anche un percorso di cura, sia per la sfiducia con cui ci si approccia ad esso, che per la difficoltà di dire. La parola stessa si svuota, non fa presa, scivola via. Il silenzio la fa da padrone nelle vite in cui si innesta la depressione.
I segni per riconoscere la depressione
Perchè si parli di depressione è necessario reperire dei segni clinici di profondo disagio, non episodici ma protratti nel tempo, che comportano la perdita o il grave deterioramento del funzionamento dell'Io.
Le risorse e le energie per lavorare e relazionarsi con gli altri infatti nella depressione sono pesantemente compromesse da un dolore mentale invalidante e che deve la sua origine a traumi antichi mai pienamente superati.
La depressione implica un “black out” psichico pressoché totale, la perdita di energie e di interessi e pensieri ricorrenti di colpa. Essi impediscono di svolgere le più banali azioni quotidiane, condannando ad una resa disperata e psicologicamente annichilente.
Ecco alcuni dei segni clinici per riconoscere la depressione:
- Perdita o grave deterioramento del funzionamento dell'Io.
- Perdita di energie e di interessi.
- Pensieri ricorrenti di colpa.
- Incapacità di svolgere le più banali azioni quotidiane.
- Sintomi protratti nel tempo e non episodici.
Alle cadute depressive di tal genere si alternano momenti di pseudo normalità o di piena ripresa delle forze. Talvolta compaiono atteggiamenti di segno opposto, all’insegna della maniacalità (come nella sindrome bipolare).
Lo scivolamento nel baratro depressivo può essere lento, preceduto da prodromi riconoscibili, oppure brusco e inaspettato. Spesso esso prende lo spunto da un qualche evento o pensiero, tuttavia la sproporzione fra lo stimolo che fa da innesco e la reazione depressiva fa capire chiaramente quanto la causalità del malessere stia altrove.
Le cause della depressione: quando il passato torna a farsi sentire
L’evento che scatena la reazione depressiva in un dato momento della vita ha sempre un legame con il passato della persona. Esso è in grado di attivare (sulla base di analogie anche solo esteriori) il nucleo psichico patogeno originario, costituito da un insieme di vissuti traumatici risalenti tipicamente all’infanzia o alla pubertà.
Tali accadimenti, non elaborati al momento del loro verificarsi perché soverchianti la maturità psichica infantile, in assenza di un contesto di supporto o di una presenza adulta che aiuta ad integrarli e superarli almeno parzialmente, restano come incapsulati nella mente.
La psiche si trova così divisa, conservando al suo interno aree oscure, caotiche, profondamente instabili e in grado di prendere il sopravvento e di invadere tutto il campo mentale.
Generalmente l’esperienza traumatica, episodica o come spesso accade ricorrente e protratta nel tempo (in quanto legata al contesto familiare), implica la percezione di impotenza di fronte a qualcosa. Un incidente stradale, una calamità naturale, una malattia, una separazione, un genitore instabile oppure freddo e glaciale sono alcuni esempi di ciò che può far affondare nella sensazione di inermità più totale.
Trovarsi in balia di situazioni che perturbano l’equilibrio e la stabilità senza una figura adulta in grado di proteggere dal relativo senso di solitudine crea l’humus per lo sviluppo di problematiche psichiche future, in cui trova un posto rilevante la depressione clinica.
Nella depressione vera e propria tornano l’impotenza, la colpa, la percezione di schiacciamento soggettivo, l’assenza di senso e di fondamento, la solitudine senza rimedio, l’impossibilità di opporsi mettendo in campo delle difese che aiutano a reagire e a tenere testa alla violenza del reale.
Differenza tra depressione e tristezza: un confronto diretto
Quali sono allora le differenze fondamentali tra la tristezza e la depressione propriamente detta?
Nella tristezza o durante stati emotivi luttuosi (in cui prevale un sentimento di mancanza) il senso di vuoto non è mai totale, il senso di colpa è più mite, non assume i contorni della voragine che inghiotte. Non c’è in questi casi una coincidenza con il baratro ma esso è possibile vederlo da una certa distanza, come una minaccia all’orizzonte dalla quale è ancora possibile salvarsi, sottrarsi con qualche sforzo o accorgimento.
La reazione viene da lì, dal non sentirsi tutt’uno con la perdita, dal poterla comunque mettere in prospettiva. Se da adulti è possibile reagire in tempo ragionevole alla sofferenza, anche profonda, attraverso l’azione o la parola significa che da bambini si è potuto beneficiare da qualche parte del dono della cura, di un appoggio, di un ancoraggio e dunque di un senso più o meno stabile di esistenza.
I vissuti così penosi e pervasivi della malinconia vera e propria invece durano nel tempo, la volontà sembra minata o inesistente.
Spesso il grande depresso attira i rimproveri da parte di chi lo circonda perché viene preso per un pigro senza spina dorsale, un insoddisfatto cronico che non sa che cosa vuole nella vita.
Clinicamente è possibile distinguere una depressione grave da una “falsa depressione”, legata alla dinamica di insoddisfazione.
L’insoddisfatto è sì rabbuiato e inconcludente, può anche mostrare qualche comportamento apparentemente auto lesivo, ma il suo malessere non è un dolore psichico soverchiante, il suo trascinarsi è apparentato al vizio e al non volerne sapere di mettersi in gioco davvero in ciò che desidera veramente. Non c’è rischio di passaggi all’atto suicidari nella dinamica dell’insoddisfazione, tipicamente nevrotica e quindi anche molto teatrale e finalizzata a tenere in scacco l’altro (per non assumersi la responsabilità senza garanzie di essere se stessi). Il senso di non valere niente non è autentico, perché compensato da un narcisismo latente sconfinato.
Il malinconico vero non cerca di manovrare l’altro, non soffre di pigrizia da eccesso di comfort, non si balocca con il proprio "Io irrisolto", non è un malato immaginario, non dice di sentirsi una merda ma sotto sotto coltiva l’idea di essere più degli altri. Egli è un soggetto molto autentico e lucido, il marchio a fuoco che su di lui ha lasciato il trauma è ben visibile ad un occhio dotato di un po’ di sensibilità clinica.
La psicoterapia: una via per la cura e la prevenzione della depressione
Come guarire dalla depressione? Come contrastare allora questo vuoto, questa mortificazione? Come riallacciare un soggetto alla vita?
Forse poter sperimentare una relazione non giudicante, fuori serie, che non comporta giudizi e prescrizioni può essere un primo passo verso la rottura del muro che separa dalla vita.
Il legame fra esseri umani ha un potere fortissimo, e noi terapeuti siamo chiamati a sopportare l'impotenza dolorosa che ci viene portata e a volte scaraventa addosso, senza volerla contrastare a tutti i costi. Essendo saldi, presenti, vivi pur nella tempesta in cui accompagnamo l'altro e di cui in una certa misura ci facciamo carico.
Se non è possibile guarire dalla malinconia grave è però fattibile, anche tramite la psicoterapia, trovare delle strategie di prevenzione e di contenimento del malessere, facendo leva sulle pulsioni di vita residue e offrendo un nuovo modello relazionale supportivo e decolpevolizzante, che nel tempo può lasciare delle tracce importanti nella psiche.
Male oscuro, Perdita di interesse , Aiuto psicoterapeutico , Oscillazioni del tono dell'umore