Vincere l'insicurezza: un approccio mentale per costruire autostima e fiducia

Insicurezza episodica e bassa autostima
Episodicamente capita a tutti nella vita di sentirsi insicuri; gli stimoli a cui siamo costantemente sottoposti nel quotidiano (nel lavoro e nelle relazioni) a volte possono venir percepiti come eccessivamente sfidanti rispetto alle risorse effettivamente disponibili.
Quando però l’insicurezza non si limita ad essere episodica ma diventa cronica, essa può finire per minare la nostra autostima e la nostra fiducia in noi stessi.
Cosa significa allora svalutarsi costantemente? E come poter tacitare il “sabotatore interno” rinforzando un approccio mentale improntato alla fiducia? Come vincere l'insicurezza e aumentare l'autostima?
Che cos’è l’insicurezza
Essere insicuri significa sostanzialmente non credere in se stessi, nel proprio valore come persone, nelle proprie capacità analitiche, intuitive e relazionali.
L’insicurezza si manifesta soprattutto come paura del giudizio degli altri, paura di fallire e tendenza alla procrastinazione.
Essa impatta negativamente sulle relazioni, (anticipando atteggiamenti di rifiuto da parte degli altri prima ancora che essi si palesino), sulla qualità di vita (il timore della sconfitta dà origine ad ansia generalizzata) e nei processi decisionali (rimandati all’infinito per la paura di non compiere la scelta giusta).
Le cause dell’insicurezza
Le cause alla base dell’insicurezza sono prevalentemente legate all’ambiente familiare in cui si è vissuti.
Svalutare se stessi infatti è una cattiva abitudine che viene appresa nei primi anni di vita, sia a causa di un contesto familiare direttamente “critico” o “traumatico”, che per via del lassismo e dell’inadeguatezza delle figure familiari nel proteggere da eventi negativi sperimentati al di fuori della famiglia.
La famiglia traumatica è quella che non fornisce una base sicura su cui poter fare affidamento per costruire una solida visione positiva di sè.
Il bambino per poter crescere con la percezione di essere all’altezza dei compiti e delle relazioni, ha necessità di ottenere dei supporti emotivi dall’ambiente che lo circonda, come elogi, incoraggiamenti, gesti d’affetto, ascolto, sforzo di comprensione, accettazione incondizionata.
Quando al posto del supporto egli incontra critica costante, catastrofismo, ingiurie, mancanza di rinforzi, incuria, ridicolizzazione, minimizzazione dei problemi e amore “condizionato” (cioè subordinato all’obbedienza e alla compiacenza delle aspettative genitoriali) la fiducia di base viene irrimediabilmente compromessa.
Inoltre l’ambiente familiare può creare nel suo complesso un clima “tossico” per l’autostima anche quando non agisce direttamente “contro” il bambino. La litigiosità cronica fra i genitori, gli scatti d’ira, l’ansia continua creano un senso di disagio, d’instabilità e di precarietà nel bambino, che percepisce vacillare continuamente il suo ambiente più prossimo nel quale si rispecchia.
La società attuale, che promuove standard di perfezione e che espone continuamente al giudizio dell’altro è un’altra minaccia al senso di sicurezza interiore del bambino o dell’adulto. Tuttavia essa da sola non costituisce direttamente la causa della bassa autostima, ma può acutizzarla nei soggetti più sensibili e vulnerabili (che devono la loro fragilità interiore alle influenze del passato).
Come uscire allora dalla spirale dei sentimenti cronici di sfiducia in se stessi?
La sindrome dell’impostore
I nostri pensieri e le nostre convinzioni non possono essere rapidamente modificati tramite un “bagno di realtà”. Non basta cioè guardare alle proprie qualità oggettive per non soffrire più di insicurezza.
Questo perché certe convinzioni auto sabotanti sono stratificate nell’inconscio, e lì restano caparbiamente nonostante la realtà mostri infinite volte la loro infondatezza.
La sindrome dell’impostore è una manifestazione di questo fenomeno.
Persone molto capaci, titolate, altamente performanti, possono covare nel loro intimo l’idea del tutto irrazionale di aver ad esempio “usurpato” la posizione lavorativa che ricoprono. Sanno benissimo che si tratta di paure infondate, eppure non riescono a fare a meno di formularle proprio perché esse si nascondono nella parte più profonda della psiche.
L’approccio mentale per superare l’insicurezza
Giungere ad esplorare il proprio inconscio è allora il primo passo per sviluppare consapevolezza.
Mettersi in contatto con le emozioni legate alle frustrazioni subite durante l’infanzia e in generale durante il percorso di crescita in famiglia è fondamentale per riconoscere che si è subito un torto.
L’insicurezza purtroppo tende a essere attribuita ad una supposta inferiorità personale, che si traduce in odio verso se stessi e non di rado in vera e propria depressione. Poter trasferire i sentimenti negativi sull’altro aiuta infatti a scollare da sé stessi il presunto “difetto di fabbrica”.
Questo lavoro, svolto all’interno del setting psicoterapeutico, assicura un luogo protetto entro cui poter lasciar fluire le emozioni potenti (la sofferenza e la rabbia) evocati dai ricordi seppelliti del passato e dalle prese di coscienza conseguenti.
Soltanto dopo questa fase diventa possibile costruire un nuovo approccio mentale; ora che ho sofferto, che ho manifestato la rabbia, che ho collocato le colpe al di fuori di me, cosa posso fare io?
È importante che si riesca ad accedere a questa presa di responsabilità, davvero cruciale ai fini di un miglioramento sostanziale. Il vittimismo infatti è sempre dietro l’angolo ed è sempre molto insidioso perché identificarsi alla vittima di fatto ostacola la mobilitazione delle nostre risorse.
Costruire autostima e fiducia
Che cosa possiamo dunque fare se siamo arrivati fin qui? Se non vogliamo piangerci addosso come possiamo stabilire un buon rapporto con noi stessi?
Imparare ad accettare i nostri limiti costituisce un passaggio cruciale. Se siamo veramente usciti dal ripiegamento su noi stessi riusciamo a guardare fuori da noi, e a prendere atto che nessuno è perfetto, e che la qualità di una persona non si basa sul suo essere perfetta.
Mettere in valore la nostra persona in maniera equilibrata, riconoscendo i nostri punti di forza e ammettendo le nostre fragilità senza cadere nel pozzo dell’auto denigrazione, è un esercizio utilissimo che presuppone questo prendere responsabilmente in carico la nostra esistenza.
Questo approccio mentale porta a sviluppare il famoso "amor fati", ovvero la capacità di amare la nostra vita per quella che è, includendo le sue imperfezioni, gli eventi negativi e le infelicità.
Anche imparare a dire di no, a stabilire dei limiti sani è essenziale per non sentirsi sopraffatti e per mantenere la propria integrità. Perché dovremmo sempre compiacere gli altri? Anche gli altri sono chiamati a compiere gli stessi sforzi che compiamo noi, se non lo fanno non è un nostro problema!
La resilienza: un’altra faccia della fiducia
Ingaggiarsi in questo percorso di acquisizione di una fiducia responsabile (ben diversa da ogni rigonfiamento narcisistico) aiuta a sviluppare la cosiddetta resilienza, ovvero la capacità di rialzarsi dopo le difficoltà.
Affrontare a testa alta gli ostacoli aiuta a rinforzare l’autostima: ogni volta che superiamo una sfida ci rendiamo conto del nostro potenziale, ci conosciamo meglio e sperimentiamo un senso di soddisfazione intimo e di autoefficacia che finalmente non dipende più da nessuno se non da noi stessi.
Il cambiamento interiore dunque è sempre possibile: non è mai garantito dall’altro e presuppone uno sforzo attivo, deliberato e cosciente per permettere alla versione più forte e sicura di noi stessi di venire alla luce.
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